Cercando la mia vita slow

Il croccante e i pinoli: sei racconti cucinati in famigliaLa settimana comincia col solito tram-tram ferroviario tra le nebbie dell’Appennino, accompagnata dalla dolcezza di un piccolo libricino assaporato in questa giornata che provo a vivere con lentezza. Un libro, Il croccante e i pinoli: sei racconti cucinati in famiglia, la cui storia nasce quasi per caso: una figlia che va via di casa chiede alla madre qualche ricetta per la sua nuova famiglia, segreti culinari condivisi nella loro vita complicata, a volte conflittuale e dolorosa.
Un libro consigliato a chi apprezza la prosa ricercata, preziosa, abile nell’incunearsi nell’anima e negli andirivieni della mente, che scandaglia quel che si è fatto e si sarebbe potuto fare; a chi cerca un libro di ricette capace di diventare storia familiare e personale, dove l’annotare i piatti di famiglia, si trasforma nell’occasione per ripensare al proprio passato e, con coraggio, chiedere scusa a se stessi, riflettendo su quelle origini che sono il nodo delle nostre esistenze, dove la cucina è regina della memoria e del ricordo.

Dal primo capitolo:

La torta di mele
2 hg di farina
2 hg di zucchero
2 hg di burro
1 bicchiere di latte
1 bustina di lievito “pane degli angeli”
1 kg di mele renette tagliate a fettine
1/2 limone

… Fattura: cerca qualcuno che tagli le mele
Difficoltà: inesistenti

Si mischiano insieme farina e zucchero, quindi si aggiunge a poco a poco un etto di burro squagliato a fuoco lento e si procede amalgamando il liquido così ottenuto quando è diventato tiepido. Temperature ferme, serenità quieta: sei entrata ora nel momento alchemico, quello in cui ferve il cambiamento di stato grazie alle sole proprietà delle materie di cui stai trattando.
Il fuoco ancora tace. Sei nell’atto e nel cuore della cucina e la mano, sapiente del proprio lavoro, penetra ogni grumo di resistenza, assimila ogni incongruità, evita quelle zone sode dove la farina resta farina e lo zucchero zucchero, rifiutandosi al burro che le incorpora. Tu evita, se possibile, anche l’assaggio, che in questa fase ancora non risulta particolarmente succulento. Nel frattempo il lievito si scioglie nel latte, attenta a non farlo traboccare. Come di per sé tenderebbe a fare: la visione del lievito che gonfia nel liquido mentre intanto si spande l’odore di vaniglia, mi coglie sempre di sorpresa. Se non concedi allo stupore più di qualche secondo e riprendi per tempo il controllo della situazione versando il latte germogliato nel composto, ottieni un impasto cremoso, non troppo compatto, profumato e decisamente suadente. Qualora non lo consumi subito in questa fase aurorale della sua esistenza, se insomma resisti alla seduzione degli odori e lo lasci andare incontro al suo esito di torta, allora verserai tale imnpasto in una teglia precedentemente imburrata e infarinata. Procedi quindi a precipitare nell’impasto le mele, che, nella mia versione dei fatti, hanno riposato nel succo di limone e incamerato in parte la sua buccia; quindi si dovrebbe tagliuzzare il rimanente etto di burro e spargerlo con equa magnianimità sulla torta. Infornare ora a un buon calore e lasciare per circa mezz’ora alla cottura, senza disturbarla o alterare la continuità del suo lavoro. I tenderei, nei momenti migliori, quelli spensierati e generosi, a servire – e a servirmi – la torta calda, asciugata dei suoi umori, e con un tocco di panna montata senza zucchero. Il sapore acidulo della mela, ravvivato dal limone, il composto che cede volentieri il suo burro alla frutta per assumerne la fraganza, il profumo invasivo della vaniglia, fanno parte della memoria del palato di chiunque c'abbia frequentati, in tempi austeri e in tempi rigogliosi. Panna e mela poi si scambiano i reciproci – e apparentemente antitetici – segni in beata armonia. Il connubio è tale che consente di infrangere la regola aurea che impone per il fine pasto il "dolce a cucchiaio", riservando le torte a merende o colazioni che i ritmi dei nostri tempi hanno strangolato, espellendole nella semantica immaginaria della famiglia: questa torta, nella sua confezione più fine, è di fatto, un dolce a cucchiaio in cui si perdono volentieri pranzi e cene in cerca di degne conclusioni o di sicuri riscatti.

Home sweet home

Pila di valigieSi avvicina il week-end e il Lumachino è tutto di corsa!
Si torna a casa 😉 HOME sweet HOME!! Un compleanno da festeggiare, la famiglia da coccolare, e, addirittura, un prosciutto che aspetta di dare il meglio di sé in una, spero, divertente cena tra amici!!!
La mia mente sta già pensando al menù della serata e che pazzie culinarie poter combinare…

Per quest’oggi niente ricette né libri! Vi regalo questa rilassante e swingante canzone per una divertente serata 😀



J’ai pas le regard de Spike Lee
J’ai pas le génie de De Vinci
J’ai pas les pieds sur terre
La patience de ma banquière
J’ai pas ces choses-là.

J’ai pas la sagesse de Gandhi
L’assurance de Mohamed Ali
J’ai pas l’âme d’un gangster
La bonté de l’Abbé Pierre
Ni le ra de Guevara.

Je ne suis qu’un soul man
Écoute ça baby.
Je suis pas un superman
Loin de là.
Juste moi, mes délires
Je n’ai rien d’autre à offrir
Mais je sais qu’en vrai c’est déjà ça.

J’ai pas le physique des magazines
J’ai pas l’humour de Charlie Chaplin
J’ai pas la science infuse
Le savoir-faire de Bocuse
Non je n’ai pas ces choses-là.

J’ai pas la chance de Neil Armstrong
J’ai pas la carrure de King Kong
Plusieurs cordes à mon arc
La ferveur de Rosa Parks
Ni le courage de Mandela.

Je ne suis qu’un soul man
Écoute ça baby.
Je suis pas un superman
Loin de là.
Juste moi, mes délires
Je n’ai rien d’autre à offrir
Mais je sais qu’en vrai c’est déjà ça.

Je ne suis qu’un soul man
Écoute ça baby.
Je suis pas un superman
Loin de là.
Juste moi, mes délires
Je n’ai rien d’autre à offrir
Mais je sais qu’en vrai c’est déjà ça

Moi j’aurais aimé être comme eux ;
Être hors du commun.
J’ai bien essayé
J’ai fait de mon mieux,
Mais quoi que je fasse
A la fin :

Je ne suis qu’un soul man
Écoute ça baby.
Je suis pas un superman
Loin de là.
Juste moi, mes délires
Je n’ai rien d’autre à offrir
Mais je sais qu’en vrai c’est déjà ça.

Non,non,non ,non
Juste moi,
Mes délire.
Mais je sais qu’en vrai c’est déjà ça
!

Tanta fame, poca fatica

PentoleTanto lavoro, tante cose da aggiornare, le tecnologie che a volte ti piantano proprio quando vedi la meta, proprio lì, a un passo da te (questa chiavetta oggi mi sta facendo davvero incacchiare 😦 )!!
E allora, quale miglior ricetta che quella di Jo Pratt dal libro In the mood for food? ;-), perché è proprio vero, quello che cucino quando sono a casa dipende largamente dal mio umore del momento, stravagante ed euforica (se magari voglio stupire gli amici), malinconica e vogliosa di tenerezza (quando mi mancano gli affetti e Le Marche) , stanca e svogliata (quando il lavoro mi spompa con i sui Marco Sul Pezzo e Marta Font della situazione)
Quindi stasera mi rilasserò con:

Zuppa di piselli e mascarpone
1 cucchiaio di olio d’oliva
1 cipolla piccola, tagliata a pezzi
400 gr di brodo vegetale
275 gr di piselli
4 cucchiai di mascarpone (io userò ricotta o robiola, il frigo mi offre queste due opzioni :-))
2 cucchiai di menta o basilico sminuzzati
sale e pepe nero macinato fresco

Scalda l’olio in una padella e salta la cipolla per circa 5 minuti, finchè diventa morbida, ma senza farla colorire. Aggiungi il brodo, unisci i piselli, riporta ad ebollizione e cuoci per circa 3 minuti. Incorpora il mascarpone e il basilico (o la menta) e insaporisci con sale e pepe.
Passa il tutto al passaverdure o frulla con il mixer ad immersione, finchè diventa omogeneo. Servi con pane croccante.

P.S. Per accompagnare prova a soffriggere dei cubetti di bacon o della pancetta e cospargici la zuppa. Se hai del pane a portata di mano, taglialo a cubetti e mettili in una teglia da forno; in un mortaio pesta assieme 2 cucchiai di olio, un peizzico di sale grosso e 1 cucchiaio di basilico o di menta. Versa il composto sul pane, mescola e cuoci in forno caldo, così avrai dei crostini alle erbe

Per stasera mi sono scelta questo film 🙂

Un fiore di nome carciofo

Fiore di carciofoI banchi di verdura della Sala sono un vero tripudio di fiori 😀 Non sono impazzita, non ho le traveggole, che state pensando?! Parlo dei carciofi!!!
I greci lo chiamavano kinara, i romani cynara, ma il nome attuale deriva dall’arabo al kharshuf. Che dire… non sembra anche a voi un principe degli ortaggi, venduto così, a mazzetti, come un bel bouquet di fiori invernali, con quel verde e quel violetto intensi?
E allora …per la mia “settimana del benessere” lui non poteva mancare; la ricetta è davvero semplice, pescata da Come un carciofo e l’ho mescolata con la soluzione proposta dalla rivista Cucina naturale, accompagnare la crema, piuttosto che con i classici crostini, con dei bigné allo zafferano.

Crema di carciofi con bigné allo zafferano
Per i bignè
50 g di farina di frumento tipo 00
1 uovo
30 g di burro
20 g di parmigiano grattugiato
1 bustina di zafferano
sale

Per la crema
6 carciofi
1 cipolla
1 carota
1 patata
1 spicchio di aglio
1 cucchiaino di prezzemolo tritato
olio
sale e pepe

PREPARAZIONE

Per i bignè. Bollite 80 ml d’acqua insieme al burro e a poco sale in una piccola casseruola d’acciaio, aggiungete la farina tutta insieme e mescolate per un paio di minuti finché il composto non risulta liscio e si stacca dalle pareti della pentola. Lasciate raffreddare e poi unite l’uovo, il parmigiano, lo zafferano e lavorate l’impasto energicamente.
Riducete l’impasto in tante palline dalle dimensioni di una nocciola. Sistematele direttamente su una placca foderata con carta da forno e infornate a 200 °C per 15 minuti, senza mai aprire il forno.

Scaldate in una casseruola un cucchiaio d’olio, aggiungete la cipolla e la carota, tagliate a jiulienne, la patata pelata a fettine, i carciofi mondati e tagliati in 8 spicchi, l’aglio e una presa di sale. Coprite gli ortaggi con un po’ d’acqua, mettete il coperchio e cuocete per 20 minuti. Dopodichè, passate le verdure stufate al passaverdure e al frullatore ad immersione, per eliminare i filamenti dei carciofi, e aggiungete quel poco di acqua necessaria per ottenere una crema densa, controllate il sale, riportate a bollore e levate dal fuoco.

Settimana del benessere

La cucina toscana di Giovanni Righi ParentiIl Lumachino comincia la settimana con tante buone intenzioni, prima fra tutte quella di mangiare qualcosa di sano…insomma di “fare la brava“. Dopo un periodo di abbuffate e la mancanza di esercizio fisico, mi sono ripromessa di dedicare la settimana al benessere e alla salute :-), cercando però di preparare piatti gustosi! (dire mettersi a dieta…è brutto :-D)
E così, siccome nella mia dispensa ci sono pelati, pane vecchio toscano, aglio e basilico, oggi mi cimento in un gustosissimo e tradizionalissimo piatto toscano, la Pappa al pomodoro.
Il vantaggio di lavorare alla San Giorgio è poi quello di avere un’abbondanza di libri di cucina da cui spulciare ricette,e così quella che vi posto è la versione “poetica” di Giovanni Righi Parenti 😉

Pappa al pomodoro (4 persone circa)
Per cominciare occorre un buon pane toscano, un po’ raffermo. Ne occorrono circa 50 gr a porzione. Per 4 persone mettiamo a rosolare in circa 100 gr di olio di oliva extravergine, 4 spicchi d’aglio (anche 2) leggermente contusi. Aggiungiamo a questa prima cotta, qualche foglia di basilico, poi quando l’olio va forte, le fette di pane a tocchetti che faremo rosolare, aggiungendo a piacere un pizzico di pepe oltre che al sale.
Quando il pane sarà pronto lo sposeremo con un paio di pomodori sbucciati ma interi, e un altro uno o due passati a parte.
Per questo uso sono indicatissimi i “bombolini” quelli che nelle case di campagna stavano attaccati alla cappa del camino.
Dopo un po’ di cottura allungheremo con quanto basta di brodo o della semplice acqua per portare al volume desiderato la dose della minestra che risulterà un vero toccasana per lo stomaco e il palato.

Happy and sunny day for all!!!